Luce Spazio Tempo
C'è una sensazione molto simile al vuoto d'aria quando si prova qualcosa di immediato e stupendo che non si riesce ad esprimere in alcun modo.
È una mancanza che aggiunge l'ennesimo fascino ad una sensazione così grandiosa; è una mancanza che lascia uno spazio tra le labbra, che s'immobilizzano separate l'una dall'altra senza poter dire nulla.
È una mancanza riempita, qualche volta, dalle parole di qualcun altro - non necessariamente scritte per raccontare quella precisa emozione, ma che arrivano ugualmente a richiamarla dal buio in cui si era nascosta, in quanto mai espressa né immortalata.
Ma se anche conoscessi una parola per ogni giorno di vita vissuta, ancora non basterebbero per esprimere quel che un'emozione è veramente.
Questi cinque sensi di cui siamo dotati altro non sono che cinque differenti canali, cinque diverse strade capaci di lasciar passare sensazioni contemporaneamente; come potrei io, adesso e qui, far intendere tutto questo in un momento? Il limite è forte; una cosa per volta.
C'è, così, un'emozione che non sono mai riuscita a far uscire dalla profondità dei miei ricordi, che ho sempre tenuto in serbo per me e me soltanto, che non sono mai riuscita a dipingere con queste parole che abbiamo e che non sono mai sufficienti.
Fin da quando ero bambina trascorro le mie vacanze estive immersa nella tranquillità solare di un piccolo paese della riviera ligure di levante, all'ultimo piano di un vecchio palazzo rosso.
Dentro all'appartamentino dal pavimento di lavagna il clima è sempre fresco grazie ai muri incredibilmente spessi; la sera sale il vento e fa un po' freddo.
La mattina spesso mi alzo e vado in cucina, dove c'è una porta finestra che dà sul piccolo balcone e, al di là della ringhiera di ferro, sullo splendido paesaggio verde e azzurro; quella finestra è sempre aperta, ma, per mantenere il buio durante le notti, le sue veneziane vengono chiuse all'imbrunire: e questa è la sensazione che mai riuscirò ad esprimere abbastanza.
Quando la mattina mi sveglio prima di chiunque altro nella casa, apro le persiane verso l'esterno, sul balcone, e in un istante provo qualcosa di infinito.
Il movimento che compio è tanto semplice da non richiedere alcun pensiero; le braccia dalla pelle intirizzita cominciano il gesto chiudendosi con le mani sulle veneziane verdi, che sono ad un tratto aperte; così, in un secondo, mi trovo a braccia spalancate di fronte al panorama, come nell'atto di prendere il volo, e l'istinto mi porta a guardare in alto.
Guardare cosa? - gli occhi riposati, ma abituatisi al buio nella notte, rimangono aperti senza vedere null'altro che bianco e luce accecante per un momento, e la messa a fuoco del paesaggio richiede qualche istante.
La pelle, infreddolita fino a pochi attimi prima, si sconvolge e si rilassa al calore buono del sole già sorto; le labbra si schiudono senza chiedere il permesso alla mente, e i polmoni si risvegliano con una boccata d'aria nuova e salsedine. Gonfio così il petto e penso di appartenere anche io a quello che è il panorama attorno a me.
Gli uccelli canterini mi richiamano alla mente Biancaneve che rimette a posto la casetta nel bosco e mi ricordano che ora che mi son destata il danno è fatto: la giornata deve cominciare, e tanto il volo non lo spiccherò.
Non so se l'effetto del nero sul bianco possa essere comparato a quello di un sole al mattino, ma entrambi, se pur in giorni diversi, mi hanno colpita con una violenza a cui non ero abituata. Qualcuno è riuscito a creare in me un'immagine improvvisa e nella mia mente l'ho ringraziato quanto ho potuto per aver suggestionato in me quel momento - così lontano! Nonostante fossi poco più che bambina, nonostante siano passati anni, ricordo perfettamente la sensazione, e l'istante, e il ritorno al presente appena dopo questo.
Chi ha provocato quel mio flashback subitaneo e fortissimo è stato probabilmente l'insieme delle poche parole - accostate perfettamente in un'impressione grafica geniale.
Ero in seconda media. Niente, niente e nessuno mai è riuscito a far nascere in me una sensazione tanto grande a prima vista; niente e nessuno è mai riuscito a scaraventarmi così lontano - in senso e temporale e spaziale - con così poche parole. Nessuno, davvero, è mai riuscito a creare un varco tale nei miei ricordi riportandomi a qualcosa che pensavo irriproducibile.
Sentii solo la luce e il calore del sole sulle mani e sui capelli, dimenticai per qualche millesimo di secondo la pioggia novembrina e i rumori di una classe.
Decisi e scelsi, in quel momento, che avrei letto la Mattina di Ungaretti poche altre volte nella mia vita - nel timore di sentirne sempre meno l'impatto e la calma, e nella stupida paura di perdere quel brevissimo stupore chiusi il libro d'italiano, e ad oggi ancora non l'ho riaperto.
Solo quando - e se - sarò triste nel pieno di un inverno gelido, mi concederò un secondo morso di estate, e una seconda doccia di salsedine e sole alto.
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