Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov
…Dunque chi sei?
Una parte di quella forza che vuole costantemente il Male e opera costantemente per il Bene.
Goethe, Faust
Quando lessi Il Maestro e Margherita per la prima volta, avrò avuto quattordici anni. Forse non è il libro più indicato per una ragazzina di quell'età, ma io lo lessi comunque. Ricordo che lo trovai durante una delle mie solite notti insonni estive, frugando nell'immensa libreria di mio padre, quella nel salotto. In bilico su una sedia, cercavo nei ripiani più alti tutti quei volumi letti da mio padre tanto tempo prima e poi dimenticati in quell'angolo. Tutti quei volumi che non avevano più vita, insomma, che aspettavano soltanto qualcuno che li aprisse e facesse loro vivere nuove avventure. Poi, per caso, la mia mano afferrò una copertina azzurra, su cui era raffigurato il profilo di un gatto nero. Lessi il titolo e l'autore, rendendomi conto non solo di non aver mai sentito parlare di quel libro ma di non sapere nemmeno chi fosse l'uomo che l'aveva scritto.
E così, un po' per gioco un po' per caso, iniziai a leggere della bella Margherita e del suo amore perduto. Non nego che le prime pagine, oltre ad affascinarmi, mi lasciarono anche un po' perplessa.
Non capivo cosa c'entrasse quello strano figuro e poi quel gatto….
Ma per chi non ha mai letto questo libro, è difficile capire di cosa io stia parlando. Ciò che posso dire, a essere sinceri, è che anche dopo aver voltato l'ultima pagina, per scoprire (non senza delusione) che la storia era finita, la trama era a me in parte sconosciuta. Solo dopo averci meditato sopra, dopo qualche tempo, sono finalmente riuscita a sistemare tutti i tasselli del puzzle, scoprendo di essermi completamente innamorata dei suoi personaggi e del loro mondo.
La vicenda si apre in una strada della Mosca degli anni Venti, in cui si trovano seduti su una panchina due uomini, di cui uno è il direttore di una rivista letteraria, il signor Berlioz. All'improvviso, appare un terzo personaggio: è lo spilungone, uno strano figuro dall'abbigliamento atipico, capace di imprimersi nella mente del lettore come se fosse stato tracciato con inchiostro indelebile; mentre i due uomini discutono dell'esistenza effettiva di Gesù nella Storia, questo strano figuro inizia a disquisire con loro, sostenendo di essere stato presente agli eventi evangelici, ma non solo: li racconta per filo e per segno, descrivendo l'incontro fra Ponzio Pilato e Cristo. Nel tentativo, però, di cercare di denunciare la presenza dello strano individuo, che si è presentato come consulente arrivato dall'estero, Berlioz inizia a correre, incontrando poi un misterioso gatto che cammina ritto sulle zampe posteriori. La sua folle corsa ha termine sotto un tram, che gli mozzerà la testa. Da questo episodio in poi, accadranno una serie di avvenimenti rocamboleschi, che hanno come protagonisti lo spilungone, il gatto e Woland, uno dei personaggi chiave di tutto il libro.
Egli infatti è il demonio, celato sotto le vesti di un mago straniero giunto a Mosca insieme al suo seguito demoniaco di cui fanno parte anche gli altri due esseri infernali, il quale decide di stabilire il suo quartier generale nella capitale russa. A questo personaggio si va a contrapporre quello del Maestro, un giovane rinchiuso in un istituto psichiatrico a causa del misterioso manoscritto che ha portato a termine, presenza che pervade tutto il romanzo, e che ama alla follia Margherita. E appunto a Margherita, unica figura femminile di spessore del libro, si va a ricollegare tutta la vicenda: la bella giovane che ha perso il suo grande amore e che ha tanto sofferto nella vita, che alla fine attirerà l'attenzione del demonio su di sé e finirà con l'essere trasformata in strega dopo un ballo infernale a casa dello stesso Satana per poter riabbracciare il Maestro.
Il romanzo si conclude con il loro incontro, con la promessa di rimanere insieme per tutta la vita, e con la dipartita da Mosca di Woland e del suo seguito.
Nonostante Il Maestro e Margherita sia un libro sotto molti aspetti anomalo o quantomeno strano, esso racconta anche della speranza che l'amore riesce a dare, tanto che la stessa Margherita, pur non vedendo il suo amato da lungo tempo, continua a sperare con tutta l'anima di rivederlo, di poterlo riabbracciare. Credo che sia stato ciò a farmi innamorare di questo libro.
Ho discusso a lungo con i miei genitori dopo averlo finito, anche per tentare di mettere a confronto le mie poche idee confuse con le loro. Mio padre parlò di dicotomia fra bene e male, tanto che secondo lui nel Maestro possiamo riconoscere Cristo (cosa sotto certi aspetti suggerita anche dai racconti sulla passione di quest'ultimo che vanno a intercalare la storia, anche se mai introdotti dalla presenza del Maestro stesso), mentre in Woland vediamo palesemente il demonio. Quello che io ho visto nel romanzo, invece, ciò che mi ha davvero affascinato, è stata la magia che pervade da quelle pagine, nonché il modo schietto e deciso con cui questa storia simile a una fiaba per bambini viene raccontata. Questo, ad esempio, è stato ciò che ha bloccato mia madre nella lettura, tanto che lei arriva a definirlo un libro pesante e ridondante. Non so chi abbia ragione. Forse io, forse loro….forse tutti e tre.
Incuriosita dalla lettura del romanzo, inoltre, all'epoca avevo anche deciso di cercare informazioni su quest'autore russo a me del tutto sconosciuto. Impegni improrogabili e altre idee geniali, mi avevano portato a dimenticare questo proposito. Ma qualche tempo fa, frugando fra i libri che avevo portato in camera mia nel vano tentativo di fare ordine, Il Maestro e Margherita ha semplicemente deciso di ripresentarsi, spuntando fuori da dietro un volume più imponente, fra Danny l'eletto di Chaim Potock e Dubliners di James Joyce. L'ho ripreso in mano e ancora una volta ho provato l'impulso di aprirlo. Questa volta, però, dopo essere stata nuovamente catapultata nella Mosca degli anni Venti e aver di nuovo vissuto emozioni grazie a questo ignoto Michail Bulgakov, mi sono finalmente decisa a cercare informazioni su quest'uomo.
Ciò che risultò dalle mie ricerche fu che Michail Bulgakov nacque il 3 maggio del 1891 a Kiev, in Ucraina. Si laureò brillantemente in medicina nel 1916 e praticò la professione sino al 1920, anno in cui decise di dedicarsi esclusivamente alla letteratura (infatti aveva già scritto una serie di racconti). Nel corso della sua vita viaggiò molto, stabilendosi per un breve periodo anche nella stessa Mosca, dove vide la luce La guardia bianca, l'altro romanzo che ha contribuito a far passare il suo nome alla Storia. Successivamente, si dedicò con maggior attenzione al teatro, per cui realizzò alcune commedie di successo, che però spesso incappavano nella ragnatela della censura. Morì infine di malattia il 10 marzo del 1940.
Ciò che ho ammirato, in realtà, della vita di questo autore, oltre al forte attaccamento verso la propria arte tanto da continuare a scrivere nonostante la censura e le difficoltà, è stato anche il forte anticonformismo che ha caratterizzato tutta la sua esistenza, fattore che traspare nel suo capolavoro Il Maestro e Margherita. Il solo concepire quest'opera esattamente com'è, a mio parere, è spia di una grande mente posta a servizio della letteratura, incapace però di piegarsi agli schemi comuni.
Infatti egli fu capace di creare un'opera di un'originalità quasi sconvolgente, al di fuori di qualsiasi modello, che riesce a rapire il lettore in un vortice di immagini sempre nuove, in un misto di risate e di commozione e situazioni tutto considerato improbabili, ma che riescono a sembrare verosimili nonostante tutto. A questo proposito Veniamin Kaverin disse per originalità sarà difficile trovare un'opera che gli stia a pari in tutta la letteratura mondiale, un po' come Eugenio Montale arrivò a definirlo un miracolo che ognuno deve salutare con commozione. Bulgakov scrisse Il Maestro e Margherita nell'arco di tutta la sua vita, dal 1928 (anche se il primo manoscritto venne bruciato dallo stesso autore per paura della censura) per terminarlo solo nel '40, pochi giorni prima della sua morte.
Oltre a ciò, il libro risulta essere anche una sottile critica contro la Russia di Stalin, cosa che traspare evidentemente da alcuni episodi della vicenda stessa come anche da alcune frasi emblematiche.
Io non sono certo Eugenio Montale, come nemmeno Veniamin Kaverin, ma posso sicuramente dire di aver volato insieme a Margherita nei cieli di Mosca, di aver intrattenuto gli ospiti con lei nella sala da ballo della casa dello stesso Satana, di aver amato il Maestro e di averlo poi riabbracciato dopo tanto tempo. Tutto questo grazie a un uomo che un giorno ha deciso di riportare su carta quello che era nella sua mente, dandomi così la possibilità di provare le sue stesse emozioni. Appunto per questo nasce la letteratura: per far sognare chi vi presta orecchio, trasmettendo emozioni da un essere umano all'altro, unendo così dietro alla parola scritta l'intera umanità.
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